Gli impieghi della Marijuana Medica Cosa Può Curare
Il termine “Marijuana Medica” si riferisce all’impiego di differenti parti della pianta di Cannabis nel trattamento di patologie del corpo e talvolta della mente. Quest’ultima può infatti essere utilizzata sia per alleviare i classici sintomi del dolore e per favorire la guarigione da malattine strettamente legate alle mutazioni cellulari, sia per currare i sintomi di alcuni disturbi dell’umore e della personalità.
La Food and Drug Administration (FDA), nonostante i numerosi fronti su cui questa si batta per il riconoscimento di alcune importanti proprietà della Cannabis, non ancora ufficialmente riconosciuto questa pianta come medicina o quantomeno come strumento di cura sostituiva ufficiale.
Tuttavia, i farmaci approvati dall’FDA, sintetizzati a partire dai composti principali della Cannabis (i cannabinoidi), sono già due. L’Ente Statunitense, in questo caso, è lieto di offrire il proprio punto di vista in maniera chiara, pendendo a favore della completa legalizzazione della Cannabis per uso terapeutico. Quest’ultimo ha affermato con convinzione che grazie alle continue pressioni da parte di associazioni, cittadini e partiti politici nascenti, la strada giusta è stata ormai intrapresa e una maggiore informazione non può che favorire la sperimentazione e l’approvazione di nuovi farmaci.
Quando si parla dell’uso di Marijuana per scopi medici è obbligatorio tener presente che il primo grande vantaggio deriva dalla miglior qualità di quest’ultima rispetto a quella comunemente spacciata. Non è raro che il traffico illecito di Marijuana, per incrementare i propri profitti e indurre alla dipendenza i consumatori, si regga su un prodotto “tagliato” con sostante psicotrope più potenti o altri tipi di materiali “diluenti”.
Da quando è entrata in vigore la legge 38 del 2010, è stato sancito il libero accesso agli oppioidi, anti – dolorifici derivati dalla morfina che prima venivano prescritti solo in casi selezionati, con una procedura complessa. Si tratta di potenti analgesici (tramadolo, ossicodone, tapentadolo) che agiscono sui centri del dolore a livello del sistema nervoso centrale. Sicuri e ben tollerati, possono essere assunti per lunghi periodi a un dosaggio variabile, con compres – se da 5 mg in su.
Contrariamente a quanto si crede, presentano meno effetti collaterali dei Fans, tant’è che negli Stati Uniti hanno scalato la classifica degli antidolorifici. Il principale, cioè la stipsi, è oggi scongiurato dalle nuove formulazioni che associano ossicodone e naloxon». E il rischio di dipendenza? Una revisione critica della Cochrane (organismo internazionale che raccoglie e analizza tutte le ricerche in campo medico), afferma che i casi di dipendenza, nei pazienti che ne fanno uso cronico, sono inferiori al 5%. Un altro effetto collaterale è la sonnolenza, che si manifesta tra il 7 e il 15% dei casi a seconda della molecola impiegata e che tende a scomparire dalla terza settimana di assunzione. Fino ad allora è bene non mettersi alla guida ed evitare lavori che richiedono prontezza di riflessi.
Il componente riconosciuto come maggiormente risolutivo nel trattamento delle più disparate patologie è il CBD (o cannabidiolo): la sua utilità è in particolar modo dimostrata nei casi di gravi malattie neurodegenerative come l’epilessia.
Per questo tipo di terapia le piante vengono trattate in maniera tale da preservare la presenza del CBD (che ricordiamo non essere un componente psicotropo) che viene poi concentrato in preparati oleosi per una semplice assunzioni anche per i bambini, che sono i soggetti maggiormente affetti da crisi epilettiche.
Non trattandosi di “droghe” a tutti gli effetti, i composti del CBD non creano dipendenza e alcuni recenti studi dimostrano che la soglia di assuefazione è pressoché nulla. In tal senso, lo scarso adattamento del corpo umano agli effetti palliativi dei cannabinoidi, sarebbe un d’elezione in termini di scelta per trattamenti a lungo termine.
Un’altra importante malattia che da anni è stata sotto i riflettori dei ricercatori e che sembrerebbe essere, in alcuni casi, recettiva ai cannabinoidi è il cancro. Ad esempio, recenti studi sugli animali hanno dimostrato che estratti specifici di Marijuana possono aiutare il processo di apoptosi delle cellule malate e ridurre le dimensioni di alcuni tipi di neoplasie, soprattutto cerebrali.
La ricerca afferma che quantunque i derivati della Cannabis non sconfiggessero il cancro almeno sarebbero capace di rallentarlo, per non parlare dell’attenuazione dei sintomi delle chemioterapie che ad oggi rappresenta una realtà di fatto.
Inoltre, una ricerca condotta sui topi ha mostrato che il trattamento con estratti purificati di THC e CBD su pazienti trattati con radioterapie ad alto dosaggio ha diminuito gli effetti avversi delle radiazioni pur conservando intatta la funzionalità della terapia.
Attualmente, le patologie contrastabili con la somministrazione di farmaci a base di Marijuana sono numerose, alcune delle quali sono anche completamente curabili:
- La grande maggioranza delle malattie autoimmuni (cioè che indeboliscono il sistema immunitario), agendo alla stesso modo, sono gestibili grazie alle Marijuana che agisce da potente immunomodulatore.
- HIV/AIDS, preservando direttamente le cellule intestinali danneggiate dalla malattia.
- La Sclerosi Multipla, che causa la graduale perdita del controllo muscolare, ma che essendo dipendente dal sistema nervoso risente direttamente dell’azione dei cannabinoidi.
- Il Morbo di Alzheimer causa la perdita di alcune funzioni del cervello, colpisce la memoria, il pensiero e comportamento, può essere attenuato dall’effetto stimolante della Cannabis sulle connessioni neuronali.
- Il Dolore, in qualsiasi forma e causato dalle più svariate malattie.
Se i benefici riconosciuti sono tali vien da chiedersi come mai la FDA non abbia ancora accettato pianta di Marijuana nella sua interezza come farmaco?Generalmente il percorso che porta al riconoscimento ufficiale di un farmaco richiede tempi lunghi e migliaia di studi clinici) in altrettante migliaia di soggetti umani per determinare i reali benefici e rischi di un possibile farmaco. Finora, i ricercatori non hanno condotto abbastanza studi autorizzati in pazienti umani che mostrino che i benefici siano superiori ai rischi.
Per quanto le proprietà benefiche della Marijuana siano largamente diffuse e condivise non esistono ancora valutazioni a lungo termine che possano scongiurare del tutto eventi negativi provenienti dai componenti psicotropi della pianta.
I cannabinoidi sono i principali componenti della Canapa, il più noto tra essi è il delta-9-tetraidrocannabinolo (comunemente conosciuto come THC). Oltre al THC la pianta contiene più di 100 altri cannabinoidi. La ragione più plausibile per cui la legalizzazione della Cannabis ad uso medico non sia ancora una realtà in tutti gli stati del mondo, proviene dall’impossibilità di scindere tutti i cannabinoidi con effetti psicotropi da quelli che posseggono effetti soltanto benefici.
Anche il corpo produce cannabinoidi propri, detti endocannabinoidi. Questi svolgono un ruolo nel regolare piacere, memoria, umore, concentrazione, movimenti del corpo, cognizione temporale, appetito, dolore e i cinque sensi (gusto, tatto, olfatto, udito e vista). I cannabinoidi introdotti dall’esterno hanno il potere di legarsi con i cannabinoidi endogeni, favorendo i processi trattati fino ad ora.
Attualmente, i principali cannabinoidi frutto interesse medico sono THC e CBD. Il THC aumenta l’appetito e riduce la nausea. I farmaci approvati dalla FDA a base di THC sono utilizzati principalmente per questi finii. Il THC può anche diminuire il dolore, l’infiammazione (sia che si parli di gonfiore che di arrossamento) ed è dimostrato che aiuta i pazienti affetti da patologie muscolari.
Il CBD è un cannabinoide che non influisce direttamente sulla mente e non altera in alcun modo il comportamento. Può essere utile nel ridurre il dolore e l’infiammazione, controllare le crisi epilettiche fino quasi ad annullarle, e sono in corso indagini che possano affermare con certezza la sua valenza nell’ambito di cure per malattie mentali e dipendenze di vario genere.
Quello che ancora non si conosce della Marijuana ad uso medico sono i suoi effetti dopo un periodo prolungato di tempo, dunque non è stato ancora possibile monitorare gli anziani che abbiano iniziato ad utilizzarla diversi anni fa.
Il consumo regolare della Marijuana è tuttavia una pratica abbastanza nuova. Per questo motivo, i suoi effetti sulle persone indebolite a causa di età o malattie sono ancora relativamente sconosciuti. Senza dubbio la questione fondamentale riguarda la terapia del dolore nei malati terminali, dove l’aspetto medico va decisamente in secondo piano e a farla da padrone è la questione morale. In questo senso le differenze di pensiero sono molte ed è naturale chiedersi: “la Cannabis ad uso medico, indipendentemente dai suoi effetti a lungo termine, è senza dubbio un elisir per chi è in stadio terminale… è dunque giusto vietare questo sollievo a chi lo ha espresso come ultimo desiderio?”
Per un maggiore approfondimento : https://www.igeasalute.com/cannabis-terapeutica/