Impianti dentali: quante tipologie ne esistono?
Avere un bel sorriso è il desiderio di tutti. Parliamo infatti di un dettaglio del viso fondamentale nei rapporti interpersonali. Un sorriso affascinante, parliamoci chiaro, aiuta tantissimo a sentirsi a proprio agio.
Nel momento in cui ci sono dei problemi che impediscono di sfoggiarlo, l’implantologia dentale, che prevede l’inserimento di impianti permanenti, è la scelta migliore.
Attenzione, però: quando si chiamano in causa gli impianti dentali, come quelli che inserisce lo Studio dentistico Brush, è bene ricordare che possono essere di diverse tipologie. Scopriamo quali nelle prossime righe di questo articolo.
Impianti dentali: quanti ne esistono?
Gli impianti dentali si differenziano sulla base di diversi aspetti. Uno dei principali riguarda i tempi di installazione. Si parla di impianti che si installano in due fasi e di altri che, invece, ne richiedono una. In quest’ultimo caso, si ha a che fare con l’implantologia a carico immediato, situazione in cui trascorrono 24/massimo 48 ore dal momento in cui vengono inseriti gli impianti a quello che, invece, vede l’inserimento dei denti fissi.
Nel corso degli interventi di implantologia a carico differito – i primi citati – si tende quasi sempre a utilizzare impianti noti come endossei. Di cosa si tratta? Di impianti dentali che vengono installati nell’osso della mascella. Composti da viti e cilindri, sono scelti nei casi in cui si ha la necessità di sostituire un ponte.
Un’altra tipologia di impianto dentale che è bene conoscere è quella degli impianti iuxtaossei. Detti anche impianti periostali, vengono fissati direttamente nel tessuto della gengiva, coinvolgendo l’osso mascellare.
Chiamati spesso in causa nel corso degli interventi di implantologia a carico immediato, questi impianti trovano ottima indicazione nei pazienti che hanno l’osso scarsamente rappresentato.
Altre classificazioni
Quando si parla di implantologia dentale, è necessario ricordare l’esistenza anche di altre classificazioni. Nell’elenco è possibile far rientrare quella legata ai connettori dentali. Entrando nel vivo di questo aspetto, vediamo un attimo gli aspetti tecnici rammentando che, quando si ha a che fare con la protesi dentale, si deve per forza avere, al di sotto di essa, il moncone che entra nel dente.
In merito ai connettori, parti dell’impianto che vengono agganciate ai monconi, ricordiamo che esistono le seguenti tipologie. Ecco quali sono:
- a esagono interno: caratterizzati da una forma esagonale come è chiaro dal nome, questi connettori dentali vengono inseriti in un’apertura che si trova sulla testa del moncone;
- a esagono esterno: ancora una volta abbiamo a che fare con connettori a forma di esagono che vengono posizionati in corrispondenza della superficie del moncone;
- a ottagono interno: nel caso dei connettori dentali a ottagono interno, ci si trova davanti a un’apertura che viene utilizzata come punto di appoggio per avvitare la protesi o il perno.
Proseguendo con l’elenco delle classificazioni che permettono di differenziare una tipologia di impianto dentale dall’altra, non si può non fare un cenno alle dimensioni. Per amor di precisione, ricordiamo che in questo caso si utilizza il termine “piattaforma”.
Quando si ha a che fare con gli impianti a piattaforma standard, si inquadra una situazione in cui il diametro del moncone si aggira fra i 3,5 e i 4,2 mm circa. Questa tipologia di impianto dentale trova indicazione negli interventi che coinvolgono la parte anteriore delle arcate dentali.
In caso di piattaforma larga, invece, il diametro del moncone può arrivare fino a 6 mm. In questo frangente, l’indicazione perfetta è invece quella degli interventi di implantologia che riguardano la parte più interna della bocca.
Concludiamo con un cenno a un’altra classificazione, ossia quella che vede protagonisti gli impianti a vite Tramonte e gli impianti Branemark. Nel primo caso si parla di una tipologia di impianto con alle spalle decenni di storia. Approccio implantologico che non richiede atti chirurgici a livello mucogengivale, prevede l’utilizzo di viti in titanio su cui vengono cementati ponti e corone.
Quando si ha a che fare con gli impianti Branemark, invece, la vite è sempre in titanio ma contraddistinta da una morfologia ad hoc per l’osso.